Figlia di Re. Un matrimonio per l'Italia by Patrizia Debicke van der Noot

Figlia di Re. Un matrimonio per l'Italia by Patrizia Debicke van der Noot

autore:Patrizia Debicke van der Noot [Noot, Patrizia Debicke van der]
La lingua: eng
Format: epub
editore: AliRibelli
pubblicato: 2024-02-14T23:00:00+00:00


Clotilde a corte

La corte era ancora a Blois e Clotilde, sfruttando la bella stagione, cavalcava ogni giorno, dipingeva e seguiva lezioni di letteratura, storia, inglese e tedesco che le impegnavano tanti pomeriggi. E approfittava inoltre della presenza del marito.

Lui però si annoiava senza niente da fare e il 15 ottobre, morso dal verme del moto perpetuo, era già pronto a ripartire.

Con gli stessi compagni di viaggio, dedicò dodici giorni all’ Inghilterra, con visita ai grandi cantieri navali sul Tamigi, che concluse con una giornata londinese al British Museum. Il 27 ottobre però era di nuovo a Parigi. Stavolta si fermò più a lungo.

Tra impegni di lavoro, guerra e viaggi era stato ben poco con sua moglie in quei primi nove mesi di matrimonio. Ciò nondimeno la loro unione in qualche modo funzionava, sfatando le fosche previsioni degli uccelli del malaugurio.

Clotilde faceva la sua vita. Napoleon non era il principe azzurro delle favole, passava molto tempo fuori casa, ma era gentile e, riconoscendo in lei un uditorio attento e generoso, le parlava spesso sfogandosi, senza timore di prestare il fianco. L’ingiunzione ricevuta da Dumas a giugno «Non offendete più vostra moglie» e poche parole pepate del principe Jerome l’avevano indotto a una maggiore prudenza nei rapporti extraconiugali.

Se lei vestiva troppo semplicemente per il suo rango di principessa imperiale interveniva suggerendo un guardaroba più adatto, ma tollerava con pazienza che Clotilde facesse pochi sforzi per avvicinare indistintamente tutta la cerchia di artisti contemporanei di moda.

Lei, sulla letteratura, aveva fatto le sue scelte: «Victor Hugo mi piace, Alexandre Dumas anche, George Sand sì… Flaubert forse… ma gli altri, mah! Non ci arrivo» confessava tranquillamente.

Sulla pittura seguiva l’istinto e si avvicinava con interesse e senza preconcetti a quella più recente, aveva un gusto sicuro per la casa, la tavola, la disposizione degli arredi, che denotava la sicurezza di un’educazione ben recepita.

Non aveva la presuntuosa ricercatezza dell’imperatrice e, anche in materia d’arredamento, le loro idee divergevano. Clotilde, come il marito, amava la lineare semplicità dei mobili con bella qualità di legno che le ricordava il castello di Casotto. E invece per l’imperatrice Eugenia, innamorata di Maria Antonietta, esisteva solo il secolo Luigi XVI e depredava palazzi e musei per servirsi di mobili e arredi d’epoca.

«Obbliga il Secondo Impero a uno stile che è solo la brutta copia del passato» dichiarò senza tanti peli sulla lingua.

Napoleon rideva dei suoi commenti, le lasciava la briglia sul collo e cedeva volentieri alle sue poche pretese. Lasciava che facesse dire messa ogni mattina nella cappellina di Palais Royal dall’abate Doussot, che era stato suo cappellano in Crimea ed era abituato alle sue battute anticlericali, e la domenica le permetteva di andare nella chiesa di San Roch, accompagnata da una delle dame.

Ma Clotilde non poteva esimersi dal partecipare a la série di Compiegne.

Il cartone d’invito patinato, indirizzato a Le Loro Altezze Imperiali il principe Napoleon e la principessa Clotilde Napoleon e firmato dal gran ciambellano, recitava: «Per ordine dell’imperatore ho l’onore di informarVi che siete invitati a passare sette giorni



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